Una vita in rosa
Titolo: Una vita in rosa
Il romanzo popolare di Cannavò comincia sotto le bombe che cadono sulla città di Catania e che aprono questo libro. Comincia dunque tra le macerie di un sogno d’epoca: il fascismo. Il giovane Cannavò capisce senza capire che qualcosa deve subentrare, ma che il riscatto di un uomo non è nella politica; sta invece altrove, nello sport: <>. Lo sport fu per lui quel che la politica fu per la generazione dei sessantottini, e il 5 maggio del 1949, il giorno della tragedia di Superga con la morte dei giocatori del grande Torino, diventa il giorno del mito. La morte del grande Torino fu la morte vitale, come l’esplosione di una stella che spegnendosi moltiplica la sua forza di luce, la sua potenza di illuminazione.
E poteva l’emigrato Cannavò non diventare il direttore della Gazzetta, direttore mitico per diciannove anni, direttore che denuncia l’illegalità della propria amatissima città? Altri, come per esempio Gianni Brera, il Carlo Emilio Gadda del giornalismo sportivo italiano, hanno riversato nelle cronache dei fatti di calcio, di ciclismo, di nuoto, dei salti e della corsa podistica la compiacenza e la vanità della cultura alta. E altri ancora, come Beppe Viola, l’ironia intelligente e discreta. Ma è soprattutto il romanzo popolare di Cannavò che difende lo sport, perché lo prende sul serio, eticamente sul serio. Ed è per questo che il successo della Gazzetta in questi anni ha superato tutti i record di vendita, e anche i record di durata, di credibilità e di autorevolezza perché la gente crede allo sport come metafora di vita, lo sport è la vita combattuta con altre armi, e parlare di sport è raccontarsi la vita, che non è politica astrusa, né la cultura per privilegiati. E nello sport non c’è ironia, perché non c’è ironia nella vita di tutti i giorni. Lo sport si incrocia con i destini reali, è materia semplice e dunque difficile, è rigore morale, è romanzo popolare, è il mondo dei sentimenti, un mondo che va sempre a farsi e mai a disfarsi, neppure con la morte.
Autore: Candido Cannavò, è nato a Catania nel 1930. Ha iniziato la sua carriera di giornalista presso il quotidiano della sua città “La Sicilia” nel 1949, occupandosi di sport ma anche di importanti problemi sociali e di costume. Assunto dalla “Gazzetta dello Sport” nel 1955 quale corrispondente, ha poi seguito, da inviato speciale, i più importanti avvenimenti sportivi mondiali e nove Olimpiadi. Nel 1981 è stato chiamato alla vicedirezione della “Gazzetta” al fianco di Gino Palumbo. Nominato condirettore nel novembre del 1982, ha assunto la direzione del giornale il 1° marzo del 1983, carica che ha mantenuto fino al marzo del 2002, facendo diventare la Gazzetta dello Sport il più diffuso quotidiano sportivo d’Europa. Nel 1996, durante i Giochi di Atlanta, il Cio gli ha conferito l’ordine olimpico. Nel 1998 ha ottenuto il prestigioso Premio Ischia per il giornalismo.
Prezzo: € 13,50
Editore: Rizzoli